Chi vive o lavora in Ticino conosce bene cosa significa essere frontalieri o convivere con il fenomeno. Ogni giorno, migliaia di persone attraversano la frontiera all’alba, affrontano il traffico e il pendolarismo per raggiungere un posto di lavoro in Svizzera. Per molti, questa realtà sembra quasi unica. Eppure, c’è un paese in Europa che vive questo fenomeno in modo ancora più intenso: il Lussemburgo.
Nel piccolo Granducato, oltre il 50% della forza lavoro è composta da frontalieri provenienti da Francia, Belgio e Germania. Parliamo di circa 227.000 persone che ogni giorno entrano nel paese per lavorare, contribuendo in maniera fondamentale all’economia, in particolare nei settori della finanza, dei servizi e dell’industria.
In Svizzera, secondo i dati aggiornati al 2024, il numero totale di lavoratori frontalieri ha raggiunto quota 399.391, in costante crescita (+3,6% rispetto all’anno precedente). Di questi, circa 78.000 lavorano in Ticino e arrivano principalmente dalla vicina Italia. Nel nostro Cantone, i frontalieri rappresentano circa il 29% della forza lavoro complessiva.
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Le ragioni di questo flusso sono note: stipendi più alti rispetto al paese di residenza, stabilità occupazionale e maggiori opportunità professionali. Tuttavia, c’è una differenza sostanziale tra la realtà ticinese e quella lussemburghese. Mentre il Lussemburgo ha integrato i frontalieri nel proprio sistema economico e sociale con politiche condivise e collaborative con i paesi confinanti, in Ticino il tema rimane spesso al centro di discussioni accese.

Non mancano, infatti, le tensioni legate al dumping salariale, alla pressione sul mercato del lavoro e al costo della vita. Eppure, dietro ai numeri, si nascondono storie di impegno, sacrificio e speranza. Migliaia di famiglie costruiscono il proprio futuro grazie a questo equilibrio fragile ma prezioso.
Speciale frontalieri
Così come il Lussemburgo ha saputo trasformare la presenza dei frontalieri in una leva di sviluppo e crescita, anche noi, in Ticino, possiamo trovare nuovi modi per valorizzare questo flusso di persone e competenze, andando oltre le polemiche e costruendo un sistema più inclusivo e sostenibile per tutti.
Il futuro dei territori di confine non si misura solo nei numeri, ma nella capacità di gestire con intelligenza e umanità le sfide che i confini ci pongono ogni giorno.
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